In alcune narrazioni il comodino è determinante per lo svolgimento della storia.
Quel giorno non trovò niente. Stava per lasciare il negozio quando vide Godi scaricare, insieme a un grassone, un vecchio pulmino Volkswagen. Uno dei mobili – un comodino con gli spigoli arrotondati e il ripiano di marmo giallo – suscitò l’interesse di David. “Quanto viene?” chiese a Godi.
[...]
Così David Kern entrò in possesso del comodino che avrebbe mutato il corso della sua vita.
[...]
Spense il televisore e guardò senza molto entusiasmo il comodino che aveva comprato poche ore prima, per motivi che ora gli risultavano oscuri. Il ripiano di marmo giallo aveva una crepa di cui non si era accorto al momento dell’acquisto. Il cassetto era messo di sbieco nel suo vano.
[..]
Ma nel alzarsi per andare in cucina vide – attraverso la fessura provocata dal suo armeggiare dilettantesco - che c’era qualcosa dentro il cassetto. Prese di nuovo il cacciavite e staccò del tutto l’assicella.
Ma nel alzarsi per andare in cucina vide – attraverso la fessura provocata dal suo armeggiare dilettantesco - che c’era qualcosa dentro il cassetto. Prese di nuovo il cacciavite e staccò del tutto l’assicella.
Nel cassetto c’era una risma di fogli ingialliti.
SOPHIE, SOPHIE stava scritto in stampatello sul frontespizio. E sotto ancora: di Alfred Duster.
David prese un foglio. La prima frase di quella pagina fitta diceva:
Questa è la storia di Peter e Sophie. Buon Dio, fà che abbia un lieto fine.
Martin Suter, "Lila, Lila", Milano, Feltrinelli, 2005
Sul lenzuolo, accanto alla testa della donna, c’era un bicchiere mezzo rovesciato. La dama di compagnia aveva visto giusto, la signora Pedretti Strassen era morta. Sullo scendiletto c’erano le pantofole, ben allineate, una bottiglia d’acqua senza tappo, mezza vuota, e un libro che sembrava fosse stato gettato via senza complimenti. Il commissario girò la testa per leggere il titolo: “Passione fatale“. Sul comodino vide una boccetta di vetro scuro col tappo nero, e senza toccarla si chinò a leggere l’etichetta: “Asmaben“. Prima cosa certa: la signora soffriva di asma.
[...]
“Nel caso del Matè è quasi certo che senza l’Asmaben sarebbe morta in pochi minuti, soprattutto dopo il precedente colombiano.”
“E con l’Asmaben?”
“Non ho prove, ovviamente. Ma sono quasi convinto che con un dosaggio doppio ce l’avrebbe fatta ugualmente.”
Il commissario fece un sospiro conclusivo.
“Se ho capito bene, visto che sul comodino della signora c’è un flacone di Asmaben, si potrebbe escludere che ad ucciderla sia stato un attacco d’asma. È così?”
Marco Vichi, "Il commissario Bordelli", Parma, GUANDA, 2002
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